FACCIAMO IL PUNTO SU:
l'aggressività nel bambino
Come intervenire?
Per aggressività o comportamento aggressivo si intende un particolare stato
d’animo caratterizzato da un insieme di azioni dirette a danneggiare se stessi, gli altri o l’ambiente.
La disputa se il comportamento aggressivo sia di natura istintuale oppure sia un comportamento che il bambino apprende dall’ambiente che lo circonda è ancora aperta. Alcuni autori, Freud in primis, ritengono infatti che l’istinto aggressivo sia connaturato alla persona, altri invece hanno dimostrato quanto l’ambiente sia in grado di influenzare le reazioni aggressive nel bambino, specialmente quando questo si trova immerso in un contesto che rintraccia nell’atto aggressivo la risoluzione al conflitto.
Perché nasce il comportamento aggressivo?
Sembrerebbe che la reazione aggressiva del bambino possa essere vista secondo due diverse ottiche. Da una parte può essere letta come un insieme di comportamenti reattivi a situazioni che il bambino vive come stressanti e frustranti. Un brutto voto a scuola, una sconfitta nel gioco, il rifiuto dei genitori di comprargli un giocattolo possono scatenare nel bambino una reazione di intensa aggressività.
Dall’altra parte il comportamento aggressivo può essere considerato come un modo per affermare il proprio Se, la propria personalità e soprattutto come la modalità privilegiata di comunicare con l’ambiente circostante le proprie esigenze. L’intenso pianto del bambino piccolo, per esempio, che suscita l’accorrere della mamma ha dato i suoi frutti
Comunque lo si ipotizzi il comportamento aggressivo è dunque parte integrante della nostra esistenza. Ciò che fa la differenza, quello cioè che porta genitori a rappresentarsi questo aspetto come un problema, sono la percezione della frequenza dei comportamenti aggressivi, l’interpretazione che se ne da e le conseguenze che queste azioni possono avere sulla sfera sociale del bambino. Infatti se è normale che il bambino gestisca alcune situazioni per lui difficili in modo aggressivo per farsi capire dagli altri oppure per affermare le proprie esigenze, altrettanto non si può dire quando il bambino reagisca “sempre” in modo aggressivo di fronte alle più diverse situazioni.
In questo caso il comportamento aggressivo può nascondere altro: attirare l’attenzione di genitori presi da altro, aumentare un’autostima carente, esprimere un blocco nello sviluppo evolutivo che non riesce a trovare forme di espressione più mature, rappresentare attraverso la rabbia la tensione familiare.
Che cosa può fare un genitore con un bambino aggressivo come gestire l'aggressività ?Date voce al suo disappunto: se vostro figlio è arrabbiato, date voce alla sua rabbia: “So che sei arrabbiato”. Cercate cioè di fargli intuire che capite quello che prova.
Suggeritegli dei modi di sfogarsi più accettabili: incoraggiatelo a rivolgersi a voi quando è arrabbiato ed ad esprimere a parole la sua rabbia.
Proponetegli modi diversi per ottenere ciò che vuole: insegnategli a discutere, a saper aspettare il proprio turno nei giochi con i coetanei o a scambiarsi i giochi con gli altri bambini.
Non utilizzate voi stessi maniere forti per educare i vostri figli: di fronte all’aggressività di vostro figlio evitate tutte le punizioni fisiche. Usate sistemi diversi, come il castigo per esempio.
Lodatelo quando ha comportamenti non aggressivi: è importante che il bambino comprenda che la gestione dei problemi senza il ricorso ad atti aggressivi è per voi e per chi lo circonda meritoria di lodi.
Cercate di capire cosa si nasconde dietro le esplosioni aggressive: sarà essenziale comprendere se vostro figlio stia agendo con i suoi comportamenti aggressivi la rabbia connessa alla tensione esistente all’interno dell’ambito familiare oppure se questi gli permettono di affermare il suo “sé” e le sue esigenze più profonde.
Cosa può fare uno psicologo con il bambino ?
Child Centered Play Therapy – CCPT (Play Therapy centrata sul bambino).
La CCPT ha come scopo quello di migliorare la salute mentale del bambino e le sue capacità di gestire le situazioni difficili e si applica a bambini di età compresa tra i 3 e 12-13 anni.
La completa accettazione del bambino da parte del terapeuta permette a sua volta al bambino di accettare tutte le parti di sé comprese le tendenze più aggressive e distruttive. Attraverso l’espressione di comportamenti e sentimenti aggressivi nella stanza dei giochi e, cosa più importante, con la presenza di un adulto comprensivo ed empatico, il bambino apprende a soddisfare i propri bisogni secondo modalità più socialmente accettabili. Peterson e Flanders (2005) hanno osservato che, tanto negli umani, che negli animali, è l’empatia nei confronti degli altri il processo interno che regola l’aggressione negli individui.
Nella relazione in cui il bambino nella stanza dei giochi esprime sentimenti negativi ad un adulto empatico che riflette e accetta tali sentimenti, offre un’esperienza al bambino difficilmente ottenibile in altri contesti. Moustakas (1997) ha descritto il processo che caratterizza l’intervento con bambini aggressivi. Inizialmente i bambini entrano nella stanza dei giochi con grandi emozioni che sono tipicamente diffuse e indifferenziate.
Nel momento in cui il bambino sviluppa maggiore fiducia nel terapeuta, la rabbia, l’ostilità e l’aggressività diventeranno più focalizzate e poste in diretta relazione con particolari persone.
Quando queste espressioni sono accettate dal playtherapist i sentimenti del bambino divengono meno intensi e influenzano in misura minore il suo comportamento. Espressioni positive iniziano ad apparire mescolate con il gioco aggressivo. Nell’ultima fase della Play Therapy il gioco del bambino risulta maggiormente caratterizzato da sentimenti positivi e il gioco diventa più realistico. In questo processo di Play Therapy viene enfatizzato, come fattore curativo per ridurre il comportamento aggressivo, la relazione tra terapeuta e bambino.
Interventi di Play Therapy direttiva
Contrariamente all’intervento precedente, in cui il playtherapist segue la guida del bambini, in questa modalità egli stesso propone una serie di attività. Gli interventi di natura direttiva indirizzati a bambini aggressivi sono molteplici. Di seguito viene presentato il protocollo di lavoro utilizzato da S. Riviere che risulta particolarmente efficace con bambini di 5-12 anni.
Riviere ha elaborato il suo programma partendo dal riscontro che i bambini con comportamento aggressivo e distruttivo hanno un’autostima che richiede continue conferme ed hanno paura di sentirsi incompetenti. Tale paura li pone spesso in una situazione difensiva che li spinge anche a biasimare gli altri per i propri errori. Considerando queste dinamiche, il primo aspetto da valutare è lo spostamento da un sistema di punizioni ad uno di ricompense. Senza entrare nel dettaglio Riviere suggerisce di spostare l’attenzione a cosa i bambini fanno di buono piuttosto di sottolineare cosa sbagliano. Il sistema di ricompense oltre ad essere cinque volte più efficace nello stimolare un comportamento rispetto al sistema di punizione tende inoltre a rimandare il messaggio che il bambino è competente.
La collaborazione dei genitori è di fondamentale importanza per la buona riuscita del trattamento.
Per prima cosa è importante che i genitori realizzino che la funzione genitoriale con bambini di questo tipo è difficile per chiunque. È inoltre importante riconoscere con quale stile di genitorialità affrontano il problema. Kaduson (1996, 2006) sostiene che i genitori di questi bambini adottano uno stile piuttosto predicibile e che sia molto importante per loro diventarne consapevoli.
Altro aspetto fondamentale è riconoscere che, nella determinazione del comportamento indesiderato e aggressivo del bambino, le determinanti sono di natura individuale e culturale, mentre come fonti del comportamento positivo, ci sono le caratteristiche dei genitori e il livello di stress presente nella famiglia.
In parallelo al lavoro dei genitori, il playtherapist organizza una serie di attività che coinvolgono il bambino in prima persona. Le attività, tutte veicolate attraverso il gioco, hanno i seguenti obiettivi: la costruzione dell’autostima, l’addestramento nello sviluppare comportamenti finalizzati all’obiettivo, insegnare l’autocontrollo, canalizzare l’aggressività in maniera appropriata, consentire l’espressione della rabbia attraverso il gioco, praticare la pazienza, favorire la risoluzione dei problemi attraverso il gioco.
Play Therapy dinamica
Questo modello è stato sviluppato da S. Harvey e si adatta sia a bambini molto piccoli che ad adolescenti.
La Play Therapy dinamica si fonda sull’assunto che l’esperienza di gioco naturalmente creativa spontanea e condivisa produce intimità, fiducia e sentimenti positivi reciproci che sono necessari per la formazione di un attaccamento sicuro di base, l’intimità dell’amicizia e lo sviluppo dell’aspettativa che le future relazioni possano essere emotivamente appaganti.
Gli episodi di gioco prodotti da queste interazioni aiutano i bambini a sviluppare un’intrinseca motivazione ad aver fiducia negli altri e a coinvolgersi nella soluzione di problemi e dei propri conflitti e determina un miglioramento nella socializzazione con gli altri significativi. L’uso guidato di metafore nel gioco interattivo dei bambini può aiutare a sviluppare una più adeguata capacità dell’abilità di regolazione nelle situazioni sociali così come a generare alcune motivazione ad avviare la soluzione dei propri problemi.
L’obiettivo di questo approccio è la stimolazione di improvvisazione di episodi di gioco che possano rivolgersi ai problemi e ai conflitti per i quali si è cercato il sostegno del terapeuta. Il terapeuta analizzando i problemi riportati dalla famiglia predispone una serie di attività fisiche che coinvolgono genitori e figli. Le attività sono utilizzate come base di gioco da cui avviare modalità interattive improvvisate dai partecipanti. Il terapeuta interviene inoltre sostenendo i giocatori a mantenere il gioco “sintonizzato” e bilanciato tra forma ed espressione e nell’uso della metafora per collegare l’azione di gioco ai problemi.
CONCLUSIONI
Il comportamento aggressivo di alcuni bambini causa la sofferenza in altri e rappresenta un indicatore importante di predicibili difficoltà nel percorso di crescita. La tendenza a sviluppare tali modalità di comportamento può essere individuata e contenuta in periodi molto precoci. Il successo dell’intervento dipende dalla tempestività con cui si realizza, dalla flessibilità nell’applicare il trattamento più indicato al singolo e al suo nucleo familiare e possibilmente nel promuovere alcune abilità prima che le tendenze a comportamenti problematici diventino problemi manifesti.
Una manifestazione rilevante di comportamenti aggressivi è quella nota con il nome di BULLISMO, un fenomeno esteso che coinvolge la vita di molte famiglie e istituzioni.
Quando un bambino è esposto ripetutamente ad azioni negative da parte di uno o più bambini è vittima di bullismo (Olweus, 1993).
La percentuale di bambini vittime di bullismo è molto ampia, a seconda delle ricerche e dei Paesi varia dal 20% (Usa) al 49,8 % (Irlanda).
Il bullismo ha un impatto sul benessere dei bambini che ne sono vittime e sul loro sviluppo. E’ stato infatti documentata l’esistenza di una chiara relazione tra il bullismo e i risultati accademici, l’assenteismo scolastico e il disturbo di attenzione dovuto da iperattività (Dake, 2003).
Le vittime del bullismo hanno inoltre più possibilità rispetto ad altri bambini di sviluppare problemi psicologici da adulti.
Tra gli atti di bullismo non dovrebbero essere trascurate le violenze di natura verbale come le prese in giro, il dare etichette o le minacce. La violenza verbale ,indipendentemente dalla sua natura, causa sofferenza e “con molta probabilità genera nelle vittime convinzioni negative circa i propri pari, creando in questo modo un ciclo aggressivo” (T. Mott, 2009).
Gli interventi su menzionati, sono tutti applicabili ai bambini coinvolti in episodi e comportamenti di bullismo.
Centro Psicologia per l'infanzia a Milano
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